Tagambient

Anla Courtis ja Lehtisalo: 1972

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Se è vero che la copertina di "1972" sembra rappresentare una metropoli seriale fatta di circuiti e microprocessori, è vero anche che il nuovo album di Anla Courtis e Jussi Lehtisalo è in realtà molto meno compartimentato e prevedibile dell'immagine che vorrebbe rappresentarlo. Le otto tracce in scaletta palpitano su un droning-industrial-noise inquietante come le mutazioni del neonato di...

Penelope Trappes: A Requiem

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Come una Enya prestata all'avant-ambient, Penelope Trappes racchiude in "A Requiem" voci fantasmatiche che dialogano tra loro, dando vita a un suono talvolta asettico, talvolta violento e urticante grazie a escursioni dinamiche improvvise e all'apporto strumentale di violoncello, synth ed elettronica. Più che semplice musica, una scenografia perfetta per i sogni e gli incubi dell'artista di...

Jacob Kirkegaard: Snowblind

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La storia di Salomon August Andrée, avventuriero svedese partito in mongolfiera nel 1897 per il Polo Nord e mai ritornato, diventa nelle mani di Jacob Kirkegaard una dark ambient senza vie di fuga, profonda e glaciale, in bilico tra lentezze marziali e inesorabili crescendo. Una ricostruzione geografica, climatica ed emotiva esemplare in forma di musica

Tim Hecker: Shards

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Disco austero ma sorprendente, "Shards" raccoglie "frammenti" mai pubblicati prima provenienti da varie colonne sonore composte da Tim Hecker. Non si tratta certamente di scarti, semmai della celebrazione di una ambient dalle coloriture multiformi, sofisticata e seducente, vorticosa e pulsante, stratificata e inquieta.

Daimon: Ellipse

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La bravura dei Daimon non sta solo in una scrittura musicale ibrida in bilico tra krautrock e musica contemporanea, ma anche nell'affidarsi a timbriche inconsuete e raffinatissime. I synth analogici e digitali, i microfoni a contatto, i nastri magnetici manipolati regalano una avventura musicale coerente e particolarissima, capace di sviluppi sorprendenti.

Slomo: Zen and Zennor

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Nelle circolarità lente ed ossessive degli Slomo sembra di ascoltare dei Cluster narcotizzati, capaci di sviluppi incrementali del suono da manuale. Il droning di "Zen and Zennor" è una materia viva e ricca di dettagli che mira alla tridimensionalità e all'imponenza

Hair and Space Museum: Human Presence

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La "presenza umana" a cui si riferiscono Emily Pothast e David Golightly è un lento sussurro perso nelle profondità dello spazio. Gli Hair and Space Museum arrivano a destinazione grazie a una ambient partorita da synth come il Moog Voyager e il Roland Juno-60, e senza dimenticare la lezione di Tangerine Dream e Klaus Schulze.

Félicia Atkinson: Space As An Instrument

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Che sia racchiusa in una lenta progressione di note di pianoforte o in un field recording, in una flebile ambient o in una spoken word appena sussurrata, la musica di Félicia Atkinson rimane una materia impalpabile e affascinante capace di parlare alla parte più intima di ognuno di noi.

Nicola Ratti: Automatic Popular Music

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Più che un lavoro attratto dalla ricerca melodica, l'ultimo disco di Nicola Ratti ci pare una raffinata collezione di diverse "temperature". È la sensazione che si prova davanti a un album costruito sugli automatismi del sintetizzatore modulare e i tape loop, e capace di giocare con i ritmi, i riverberi e il "calore" dei suoni.

Sarah Davachi: The Head As Form’d In The Crier’s Choir

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L'ambient di Sarah Davachi ha in sé una lentezza mistica, rigorosa e intima al tempo stesso. Organo a canne, sintetizzatori, viole e fiati sublimano un'ispirazione nata da "I sonetti a Orfeo" di Rainer Maria Rilke e L'Orfeo di Claudio Monteverdi in una musica meditativa e potente, registrata in varie cattedrali in giro per il mondo.

Monolake: Studio

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"Studio" è un ipertesto di dettagli. Uno spazio musicale puntiglioso e in rapida evoluzione che tuttavia mantiene dritto il timone del ritmo. La minimal-techno-dub di Monolake parte da synth analogici come il Synclavier II e il Prophet VS e, passando attraverso una giungla di filtering, pitch shifting e time stretching, atterra su un pianeta alieno.

Smote: A Grand Stream

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Trasformare la circolarità in spiritualità, facendosi ispirare dagli alberi e dalla nebbia di una fattoria ai confini con la Scozia. Una celebrazione che nei toni assomiglia più a una messa nera, tra crescendo urticanti à la Swans e trasfigurazioni di voci e suoni. "A Grand Stream" è un sorprendente trattato sull'inquietudine

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