Pauline Oliveros: Deep Listening

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Pauline Oliveros è stata una musicista contemporanea tra le più interessanti della sua generazione. Al centro delle sue composizioni, il concetto di “suono” inteso come risultato di differenti ispirazioni e tecniche musicali. Il libro “Deep Listening” è uno dei manifesti di tutto l’impianto concettuale che sta alla base del suo approccio alla musica e alla vita: un mix di teoria e pratica che fa convergere in un’unica direzione meditazione, yoga, musica, tai-chi e moltissimo altro.

Copertina del libro “Deep Listening” di Pauline Oliveros

Che cos’è il Deep Listening? Inizia con una domanda un po’ googleiana questo saggio della musicista elettronica/contemporanea Pauline Oliveros uscito originariamente nel 2005 e stampato un paio di anni fa in Italia da Timeo. La risposta sta principalmente nel concetto di «coinvolgimento attivo dell’attenzione» nel momento in cui ascoltiamo i suoni che ci circondano, un modus operandi che Oliveros sviluppò nel tempo e riapplicò in primis alla sua produzione musicale. Con brani e dischi ormai ritenuti “classici” della musica sperimentale come ad esempio Bye Bye Butterfly, Accordion & Voice o Deep Listening e grazie ai tantissimi anni dedicati alla ricerca musicale e all’insegnamento, la Nostra è stata riconosciuta come una delle figure più importanti dell’avanguardia artistica statunitense dagli anni sessanta fino alla sua morte, avvenuta nel 2016. Una poetica la sua capace di trascendere gli stili musicali più ortodossi per abbracciare una riflessione profonda sul suono talvolta circoscrivibile, in termini di output, all’interno di quella che comunemente chiameremmo ambient music, più spesso radicata in un approccio compositivo trasversale e senza facili punti di riferimento in bilico tra osservazione e interpretazione della realtà.

Il concetto di “osservazione” per Oliveros ha però sempre avuto a che fare con l’ascoltare ciò che ci circonda per cogliere «l’intero continuum spazio-temporale del suono» e al tempo stesso la fascinosa unicità, il dettaglio e «la traiettoria» di un suono singolo o di una sequenza di suoni. Un concentrare l’attenzione sulla dimensione generale e poi sui particolari, senza soluzione di continuità. Secondo la musicista statunitense questo processo permette di sviluppare una connessione molto più profonda con l’ambiente esterno favorendo nel contempo una maggiore consapevolezza di noi stessi, ma influenza positivamente anche il nostro stato psico-fisico e la nostra creatività. «Ho iniziato da me stessa – si legge nel suo libro – Cantavo e suonavo toni lunghi, li ascoltavo e osservavo l’effetto che avevano su di me a livello mentale e fisico. Mi accorsi che potevo modificare il mio stato emotivo concentrando la mia attenzione su un tono specifico. Notai che riuscivo a percepire il mio corpo che rispondeva ai suoni rilassandosi o irrigidendosi. La pratica prolungata mi portava a uno stato di consapevolezza acuto che mi dava una sensazione di benessere».

La pratica del Deep Listening prevede anche una serie di attività fisiche individuali o da svolgere in gruppo: la respirazione, la meditazione e gli esercizi per il corpo che Oliveros prende in prestito da discipline come il buddismo, il thai-chi, lo Yoga e in generale le filosofie zen, hanno lo scopo di aumentare il benessere, placare la mente e favorire la giusta disposizione d’animo per affrontare la vita quotidiana. Un corollario di buoni consigli e piccole routine forse non particolarmente innovativo, ma che può vantare, dal punto di vista dell’ispirazione, tradizioni culturali piuttosto antiche.

Trailer del documentario “Deep Listening: The Story of Pauline Oliveros”

La parte più interessante del libro ci pare tuttavia quella legata ai concetti di “ascolto globale” e “ascolto focalizzato” di cui si diceva inizialmente. Gli ambienti naturali e artificiali, secondo l’autrice, sono ricchi di «pulsazioni e pattern» a cui normalmente non facciamo caso ma che meritano invece un approfondimento perché possono generare sensazioni, avere un’influenza sulla profondità della nostra percezione e suggerire nuove strade all’immaginazione. Tutto è suono, a cominciare dal rumore che fanno i nostri passi fino ad arrivare alla cacofonia della città o al ritmo di una conversazione: saperlo identificare grazie al Deep Listening – che altro non è se non una forma di meditazione legata agli input che arrivano dall’ambiente esterno e al modo in cui li rubrichiamo – significa sviluppare una maggiore conoscenza se stessi, magari grazie anche a un “diario” in cui appuntare ciò che ascoltiamo. Scrive Oliveros a tal proposito: «Tenere un diario in cui raccogliere le descrizioni delle esperienze fugaci, suoni ricordati e immaginati, può rivelarsi un’attività sorprendente e gratificante. Tenere traccia delle vostre esperienze vi aiuterà a potenziare la memoria e farà crescere la vostra abilità di immaginare i suoni (e i silenzi)». 

Procedendo con la lettura si coglie forse un’organizzazione un po’ frammentaria tra le varie sezioni di un testo che assomiglia più a una guida pratica piuttosto che a un’analisi approfondita, eppure Deep Listening crea comunque connessioni intriganti tra immaginari e suggerisce pratiche non prive di fascino per chi magari ha già dimestichezza con temi legati alla mindfulness o alle tecniche di rilassamento. Nonostante certi insegnamenti possano tornare utili soprattutto a chi si occupa di attività creative (musicisti in primis), l’impressione è che in un’epoca in cui non sappiamo fermarci ad ascoltare più nulla per più di qualche secondo, questo libro possa rappresentare, se non proprio una rivoluzione copernicana, almeno un codice di comportamento per chi ha ancora voglia di farsi sorprendere dal mondo che ha attorno e, naturalmente, dalla musica.

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